Arlequins Progressive Rock Webzine
February 28, 2010
INDIUM Richard
Bone
Avete
mai visitato un lago di notte? L’acqua plumbea, che sembra petrolio,
sembra quasi respirare e fagocitare nel silenzio profondo tutto quello
che c’è attorno. L’unico suono è quello impercettibile della vita
attorno, di animali notturni che lasciano solo presagire la loro
presenza; di quando in quando si avverte un brulicare di foglie che
stormiscono alle carezze del vento e le uniche luci sono quelle delle
stelle che splendono infinite e lontane da noi. La sensazione è quella
di una strana quiete che si accompagna al timore di violare e di
immergerci in un mondo che non ci appartiene ma che dentro di noi
sogniamo. Si prova uno strano sentimento di attesa, una sensazione
indefinita che qualcosa, da un momento all’altro possa giungere ad
interrompere questa specie di incantesimo. Ecco come appaiono le
visioni elettroniche ed ambientali di Richard Bone, così romantiche e
così inquietanti allo stesso tempo. Richard Bone è considerato uno dei
fondatori della scena di musica elettronica di New York. Iniziò a
comporre nel 1979 e da allora ha pubblicato una trentina di opere,
esplorando vari campi dell’elettronica, dall’underground pop e la new
wave, negli anni Ottanta, per poi appassionarsi alle creazioni di Brian
Eno e Harold Budd ed approdare infine all’universo della musica ambient
alla quale questo disco è votato. “Indium” contiene materiale composto
in occasione del primo festival internazionale di musica elettronica di
San Pietroburgo e contiene, come abbiamo anticipato, una collezione di
visioni ambient, 8 tracce in tutto, per un’ora circa di musica. I
paesaggi sonori disegnati sono esili come una tela di ragno e
scintillanti come le gocce di rugiada che vi si posano al mattino, che
ne esaltano e ne impreziosiscono il disegno, geometricamente perfetto.
La trama della ragnatela sonora si immerge in un’atmosfera di suoni
ovattata in cui riverberano le delicate note di un piano, suonato in
punta di dita. I suoni elettronici, che formano l’atmosfera dei pezzi,
si intrecciano a quelli acustici e netti del piano e questa matrice
indefinita si mescola con i suoni gentili dell’ambiente. L’insieme
sonoro delle varie composizioni evoca impasti di sensazioni
primordiali, indefinite ma sempre piacevoli e delicate che lavorano nel
nostro inconscio come lo possono fare profumi e impercettibili
sensazioni tattili sui nostri sogni che fanno materializzare nel nostro
inconscio colori, luci ed emozioni molto vaghi ma che comunque sono in
grado di lasciarci al risveglio la percezione di un’esperienza
gradevole. Ecco, possiamo quasi dire che questa è una musica per
l’anima più che per le orecchie. Non è qualcosa da analizzare ma
qualcosa in cui immergere i nostri pensieri dimenticando tutto quello
che possa esserci di turbamento.
-Jessica Attene
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